RIPENSARE L’ORIGINE DI VESTA

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L’origine di Vesta, uno degli asteroidi più grandi del nostro Sistema Solare, è stata recentemente rimessa in discussione da un gruppo di ricercatori del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della Nasa.

I vecchi dati forniti dalla missione NASA Dawn, che ha visitato Vesta per 14 mesi tra il luglio 2011 e il settembre 2012, sono stati riesaminati e incrociati con quelli radiometrici del Deep Space Network.

In particolare, i ricercatori si sono concentrati sulle informazioni riguardanti il momento di inerzia di Vesta, cioè la misura della distribuzione della massa di questo asteroide rispetto al proprio asse di rotazione.

Studiando come un corpo celeste ruota attorno al proprio asse è possibile comprendere come la sua massa sia differenziata al proprio interno.

Questa nuova indagine ha portato i ricercatori a dubitare della precedente ipotesi che vedeva Vesta come un “pianeta mancato”, ovvero un corpo celeste differenziato, cioè suddiviso in più strati, notoriamente la crosta, il mantello e il nucleo, ognuno con proprietà, composizione e densità diversa, che non aveva però portato a termine la propria formazione.

Secondo le nuove analisi, Vesta sarebbe invece composto da solo due strati, mancando di un vero e proprio nucleo.

Come conseguenza, l’origine stessa di Vesta è da riconsiderare. Le ipotesi in merito sono due: o il processo di differenziazione non è stato completato, oppure Vesta è un frammento di un altro oggetto più grande all’interno del Sistema Solare, frutto di qualche collisione fra pianeti rocciosi in formazione.

Tuttavia, le analisi della struttura dei meteoriti provenienti da Vesta stesso sembrano confutare la prima ipotesi. I ricercatori del JPL sono quindi propensi verso la seconda ipotesi e pensano a Vesta come a un grosso detrito spaziale risultante da un impatto, che ha prodotto questo enorme frammento di crosta e mantello fusi, senza nucleo.