Rivisitata la sequenza di Hubble
Nel gennaio 1925 l’astronomo Edwin Hubble dichiarava la natura extragalattica di Andromeda, osservata attraverso il telescopio dell’Osservatorio di Mount Wilson, in California. Fu un annuncio che stravolse la percezione del pianeta Terra e dell’umanità nell’universo, che, all’improvviso, si rivelava essere molto più vasto di quanto ipotizzato fino a quel momento.
Una volta chiarito che quelle che finora erano considerate “nebulose” erano invece vere e proprie galassie, Hubble concentrò i suoi sforzi nel tentativo di classificarle, analizzando oltre 400 lastre fotografiche che le ritraevano. Lo scopo ultimo dell’analisi di queste strutture e della loro catalogazione era di cercare di comprendere come queste evolvano nel tempo.

Seguì quindi nel 1926 la pubblicazione di quella che è conosciuta come “La sequenza di Hubble”, una classificazione delle galassie, divise tra ellittiche, cioè tondeggianti, “a spirale”, a loro volta suddivise tra barrate o non barrate, a seconda che abbiano o meno una sorta di “barra” centrale, da cui partono i bracci della spirale, e infine le “irregolari”, che per la loro forma indefinibile non rientrano nelle due categorie precedenti. Secondo questa teoria le galassie nel corso del tempo subiscono delle modifiche passando dalla forma ellittica a quella a spirale.
Oggi questa teoria viene ormai considerata un po’ troppo riduttiva delle dinamiche evolutive, soprattutto alla luce delle nuove scoperte rese possibili dalle osservazioni tramite strumenti più sofisticati, in primis i telescopi spaziali.
A rivelarci qualcosa in più sulla formazione e l’evoluzione delle galassie sarà la missione Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea, che osserva il cielo per ricostruire una mappa tridimensionale dell’universo e possibilmente far chiarezza su energia e materia oscura, considerate elementi fondamentali del cosmo.
Il telescopio spaziale Euclid dal 2023 immortala diverse galassie (finora 1,2 milioni solo nel primo anno di lavoro!) sia in luce visibile, sia nell’infrarosso, donandoci immagini nitide e ricche di dettagli. Dall’analisi dei dati raccolti, gli astronomi cercano di ricostruire la storia dell’universo, della sua espansione, della distribuzione della materia ordinaria e di quella oscura, di come le galassie interagiscono tra loro e di quale influenza possa avere l’energia oscura.

Come conseguenza di questi studi, la stessa sequenza di Hubble è stata rivista e integrata, mettendo in correlazione diverse caratteristiche di una galassia, come la sua massa, la sua attività di formazione stellare e l’ambiente circostante in cui si trova, tutti fattori che influiscono sulla formazione e l’evoluzione della stessa; dunque, in ultima istanza, sulla sua forma per come la possiamo osservare oggi.
La nuova classificazione ha ribaltato la teoria di Hubble secondo cui le galassie evolvono dalle ellittiche alle spirali, cioè da sinistra verso destra nella sequenza. Al contrario, i dati raccolti da Euclid suggeriscono una evoluzione da destra verso sinistra nel diagramma, grazie ad avvicinamenti e fusioni (merging) tra loro. La missione ha anche potuto osservare grandi quantità di galassie nane, classificate anch’esse in ellittiche e irregolari, permettendo di studiarne per la prima volta i dettagli e attribuendo loro un ruolo fondamentale nella formazione di quelle più grandi. In particolare, è stato notato come le nane ellittiche si trovino prevalentemente vicino a galassie più grandi, come ad esempio le due Nubi di Magellano, che si trovano in prossimità della nostra Via Lattea.