Nella conferenza stampa del 2 gennaio 2019 il team della New Horizons ha presentato i dati su Ultima Thule raccolti fino a 30 minuti prima del flyby. Nelle migliori immagini della camera LORRI (140 metri per pixel) raccolte da 37 mila chilometri, 30 minuti prima del flyby, Ultima Thule appare definitivamente costituita da due oggetti a contatto: Ultima di 19 chilometri di diametro e Thule di 14 chilometri. La superficie, apparentemente priva di crateri da impatto, è ricoperta da macchie scure di albedo minima (4 per cento) e da un numero minore di macchie chiare ad albedo elevato (fino al 15 per cento). Il collare di congiunzione tra i due componenti è in assoluto la parte più luminosa (è forse materiale polveroso ricco di ghiaccio?). Immagini a colori riprese da 137 mila chilometri (90 minuti prima del flyby), dal canale MVIC dello spettrometro Ralph, mostrano che la superficie è uniformemente arrossata, una informazione già intuita dalle osservazioni dello Space Telescope e probabilmente legata alla deposizione di materiali carboniosi polimerici (ma per la conferma si attendono i risultati delle accurate indagini spettroscopiche al flyby). La densità stimata per entrambi i componenti è inferiore a 1, quindi la massa dovrebbe essere molto porosa. Data l’asimmetria dimensionale dei due componenti, l’asse di rotazione (perpendicolare all’asse maggiore) si trova vicino al collare ma spostato all’interno del corpo maggiore: il trasplutoniano ruota lentamente in 15±1 ore ma, essendo l’asse di rotazione quasi rivolto verso la New Horizons, non è stato possibile percepire sensibili variazioni fotometriche (in pratica dalla NH Ultima Thule appariva come un’elica in rotazione). Si pensa che questa struttura bilobata sia una conseguenza primordiale della formazione del trasplutoniano, nel senso che ci fu una iniziale aggregazione di corpi ghiacciati che, ridottisi a due corpi, hanno iniziato a ruotarsi reciprocamente attorno finché, probabilmente, una minima destabilizzazione (emissione gassose, impatto dall’esterno) li ha fatti venire stabilmente a contatto alla velocità di soli 80 centimetri al secondo. Da questi primi dati è molto netta l’impressione che Ultima Thule altro non sia che una grande cometa che non ha mai subito riscaldamento solare. Se questo verrà confermato nei prossimi giorni, si tratterà di una delle esplorazioni più importanti in assoluto, perché una cometa primordiale mai modificatasi non l’aveva mai vista nessuno. D’altra parte l’ipotesi cometaria si concilia bene con la natura binaria di Ultima Thule, tipica della maggior parte delle (non molte) comete esplorate.